sabato 13 agosto 2011

Oggi sul Fatto un articolo di Luca Telese titola: ”La lotta di classe non è morta”.



Forse non è morta ma sicuramente gravemente ammalata; e poi di quale classe si parla? Usare parole vecchie per descrivere il nuovo non aiuta a capire. La classe operaia, in quanto tale, ha iniziato la sua lenta estinzione almeno quaranta anni fa, ma la memoria degli Italiani e corta, oltre che cortocircuitata, e non rammenta che già negli anni settanta era in atto la proletarizzazione del ceto medio e altre amenità che allora i situazionisti cercarono invano di segnalare. Chi ricorda "banalità di base" o "la civiltà dello spettacolo"? Oggi la partita si gioca a livello planetario tra esseri umani e imbecilli che pensano di portarsi nel mausoleo privato i loro soldi finti, e, purtroppo, gli imbecilli sono in vantaggio.
Se si continuano a considerare simboli della grandezza umana le opere faraoniche come le piramidi o il ponte sullo stretto, ignorando il sangue e il sudore di chi le ha fatte o le farà materialmente, che speriamo di cambiare? Quelle opere sono frutto del sogno delirante di despoti assassini che, consigliati da avidi ministri e scaltri sacerdoti,  servendosi di artisti e ingegneri asserviti, consapevoli o no,  e di uno stuolo di burocrati  impotenti e corrotti, hanno depredato e continuano a depredare beni e salute di intere popolazioni.
Quelle opere vanno si conservate ma come ricordo dell'inciviltà di pochi ai danni delle popolazioni.
Non va ricordato questo o quell' imperatore, ma le migliaia di schiavi deportati e ridotti a lavorare come bestie per rimanere in vita. Extracomunitari li chiamiamo oggi e neanche ci rendiamo conto che siamo diventati così raffinati da non dover più andare a ridurli in catene e portarli fin qui con dispendio di tempo, risorse ed energie, ma è sufficiente ridurli alla fame a casa loro e quelli vengono fin qui, a rischio della loro vita, a farsi angariare da un popolo di ignoranti, per quei pochi soldi che, forse, serviranno a far sopravvivere i figli e le mogli rimasti nella terra natale che noi stiamo depredando. Di questo bisogna tenere memoria e tramandarlo ai nostri discendenti affinché non sia più possibile che l'avidità di pochi determini la sofferenza di molti. 

Forse sono andato un po' oltre, ma volevo chiarire che la lotta non è più tra classe operaia e capitalisti (categorie che dovrebbero essere aggiornate) ma tra chi vuol vivere una vita piena e chi invece ha paura di vivere e quindi di morire, tra chi pensa che il proprio simile sia un individuo e chi lo vede come un opportunità da sfruttare, tra chi odora di sudore umano e chi profuma di “Egoiste”, tra chi si prende cura della terra dove vive e chi la insudicia, la deruba e la uccide. In sintesi tra organizzazione capitalistica delle società umane e organizzazione socialista delle medesime.
Certo che noi puzziamo, incommensurabili imbecilli, ma tranquilli, con le  froge bruciate dalla coca, voi non ci sentirete arrivare.

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